domenica 17 agosto 2008

Pil:un indice nn più sufficiente

Era il 1968 quando Bob Kennedy davanti agli studenti dell'Università del Kansas esprimeva un concetto che allora sembrava utopia: “Non troveremo mai un fine per la nazione, né una nostra personale soddisfazione, nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto interno lordo (PIL). Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana […]. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari […]. Misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. É sensazionale pensare come 40 anni dopo questo discorso è ancora di grande attualità. Oggi ci si è resi conto che il PIL è “solo un indicatore delle performance economiche: incapace di distinguere se una transazione ha un effetto positivo o negativo sul benessere” ( Commissario europeo agli affari economici, Joaquin Almunia) e che questo indice non è più attuale: “è stato sviluppato negli anni '30, per un mondo diverso dal nostro (Presidente della commissione europea, Josè Barroso).

Si avverte, quindi, la necessità di strumenti nuovi che tengano conto oltre che delle ricadute economiche anche del miglioramento della salute, dell'ambiente, della sicurezza, ecc.

Nel corso degli anni sono stati elaborati numerosi indicatori alternativi: GPI (Genuine Progress Indicator), HDI (Human Development Index), ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare), Indice dell'impronta ecologica ,HPI (Happy planet Index) che tengono conto di numerosi fattori (sostenibilità ambientale, alfabetizzazione, uguaglianza,ecc). Se il Pil è sempre aumentato questi indici si sono praticamente fermati ai valori degli anni '70. un altro indice utilizzato è il coefficiente di Gini: questo coefficiente statistico è uno strumento che misura la distribuzione del reddito. È espresso con un numero compreso tra zero (uguaglianza perfetta) e 1 (tutto il reddito è in mano ad un solo individuo). Il valore attuale di questo indice in Cina è di 0,45, superiore a quello di Usa e GB (circa 0,40). Nel 1978 era dello 0,20. Questo fa capire che i benefici economici della recente crescita di questo colosso sono andati in mano a pochi e in futuro ci potrebbero essere problemi di stabilità sociale.

A mio avviso lo sviluppo di questo paese avrà un rallentamento notevole dovuto al “costo della democrazia”.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il rallentamento dello sviluppo è già cominciato ed è per questo che a mio avviso la Cina non voleva assolutamente perdere l'appuntamento con le olimpiadi in corso. Come hai dett giustamente tu, la ricchezza è nelle mani di pochi e questo è evidenziato anche geograficamente con i centri principali e ricchi sulla costa orientale (Pechino, Shanghai, Hong Kong) ,metropoli di stampo occidentale, e i centri minori nel centro della Cina dove la popolazione muore di fame. In questo ultimo ventennio Cina e India hanno trainato l'economia mondiale, ma a che prezzo? Due paesi bellissimi con una cultura antichissima che affonda le radici nella sfera dello spirituale, hanno spazzato via tutto per omologarsi ai paesi occidentali (USA su tutti) in quel movimento che viene definito Globalizzazione. Io più che le ricadute economiche (Non è il mio campo) cerco sempre di capire quelle nel sociale e culturale e per questo dico che mi dispiace tanto pensare che in futuro sarà difficile trovare qualcosa di diverso dalla nostra cultura anche in Cina e che il futuro non promette niente di buono. Bel post Joey.

Jack Silver ha detto...

Il mio commento è..... ma va caghè!
viva la cina!

joey cape ha detto...

il solito sporco capitalista. 2+2 ho paura che nel futuro questa epoca verrà ricordata solo per i danni che ha fatto e non , come nel passato, per i suoi quadri, palazzi, tradizioni, ecc